Navelli
Navelli è un comune italiano di 549 abitanti della parte orientale della Provincia dell’Aquila, in Abruzzo. È situato all’estremità delle propaggini sudoccidentali del massiccio del Gran Sasso d’Italia, sorge su di un colle in posizione dominante sull’omonimo altopiano e fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia. Di origine medievale, è storicamente un centro agricolo e pastorale ed è conosciuto per la produzione dello zafferano dell’Aquila DOP. È posto in posizione baricentrica tra la conca aquilana a nord-ovest, la valle dell’Aterno a sud-ovest, la conca peligna a sud-est e la valle del Tirino a nord-est.
L’abitato si colloca sul versante meridionale di un colle, a circa 760 metri s.l.m., stretto tra le propaggini sudoccidentali del Gran Sasso d’Italia e la dorsale centrale dell’appennino abruzzese (Velino-Sirente); è in posizione dominante sull’altopiano di Navelli che si sviluppa lungo la direttrice NO-SE, con una larghezza di circa 3 km ed una lunghezza di 25 km. L’unica frazione di Navelli è Civitaretenga, posta 3 km a nord del paese.
Secondo una leggenda popolare, riportata anche dallo storico aquilano Anton Ludovico Antinori, il toponimo originario, «Novellum» o «Novelli», deriverebbe dalle nove ville che ne costituivano il territorio; la trasformazione del nome in «Navelli Navellorum», con la mutazione della vocale, e l’adozione della nave nello stemma sarebbero avvenute poi nel medioevo, in omaggio alla partecipazione degli abitanti alle crociate in Terra santa. Altre fonti ritengono, invece, che il nome del paese derivi dal termine d’origine longobarda «nava» («conca» o «affossamento»), in riferimento alla conformazione dell’altopiano di Navelli.
Le prime testimonianze nel territorio si fanno risalire ai Vestini che si stanziarono nell’altopiano sin dal VI secolo a.C.: a questo periodo si fa risalire la nascita di Incerulæ, sul luogo dell’attuale chiesa di Santa Maria in Cerulis, e Benateru, sul luogo della scomparsa chiesa di Santa Maria de Benateru, nei pressi di San Benedetto in Perillis; questi due vici erano posti rispettivamente ai margini nord e sud della vallata, sulla via Claudia Nova che congiungeva Peltuinum con Aufinum. A testimonianza della presenza di Incerulæ rimane oggi una vasta necropoli e un’iscrizione in dialetto vestino che cita un tempio italico dedicato a Hercules Iovius proprio in corrispondenza dell’odierna Santa Maria in Cerulis.
A partire dal VI secolo il territorio cadde nelle mani dei longobardi che lo ricompresero nel Ducato di Spoleto. La prima menzione dell’abitato, denominato «Cerule» in assonanza alla precedente città, si evidenzia nel Chronicon Vulturnense ed è databile al 787. Navelli sorse in epoca altomedievale (VIII-X secolo) dall’unione di più villaggi, nove secondo la tradizione, ciascuno dei quali associato ad una chiesa. A tale evento si fa risalire l’antico nome del paese, Novellum, che secondo la leggenda fu trasformato poi nell’attuale in omaggio alle crociate.
La prima fonte che testimonia l’esistenza del nuovo castello è una bolla della diocesi valvense del 1092, in cui Ugo del fu Giliberto cita Navelli tra le pertinenze del monastero di San Benedetto in Perillis. Si trattava con ogni probabilità di un borgo fortificato, edificato intorno ad una torre che nei secoli seguenti fu trasformata nel campanile della chiesa di San Sebastiano. Il primo nucleo edilizio è considerato quello della «Piaggia grande», di origine medievale, ampliatosi poi in epoca rinascimentale verso la «Piaggia piccola».
La vocazione pastorale del paese, storicamente luogo di transumanza, è ben testimoniata dalla posizione strategica lungo il Regio Tratturo, in corrispondenza della diramazione di Centurelle.
Nel 1269 partecipò alla fondazione dell’Aquila venendo ricompreso nel quarto di Santa Maria e ricevendo un locale che rimase, tuttavia, inizialmente inedificato. In questo periodo la famiglia Santucci cominciò nella piana la produzione dello zafferano che divenne in poco tempo una delle principali economie della provincia dell’Aquila. Per tutto il XIV secolo Navelli guadagnò prestigio ed importanza, beneficiando della sua posizione lungo la Via degli Abruzzi che garantiva i commerci tra Firenze e Napoli.
Nel 1423 fu trascinata nella guerra dell’Aquila subendo l’assedio delle truppe di Braccio da Montone che tentavano di conquistare la città abruzzese; Navelli fu costretta alla resa senza mai essere espugnata ed ottenendo così di inserire nello stemma il motto «Navellorum Merito Coronata Fidelitas» per concessione diretta della regina Giovanna II di Napoli. Al termine della guerra, nel 1424, fu ricompreso nell’arcidiocesi dell’Aquila su iniziativa di papa Martino V.
Il castello subì gravi danni dal terremoto del 1456, con epicentro nel Sannio, e quello del 1461, con epicentro all’Aquila. Navelli venne ricostruita nei decenni successivi e, nel 1498, fu realizzata la cinta muraria con cinque porte urbiche.
Nel XVI secolo, con l’esplosione del commercio dello zafferano dell’Aquila che iniziò ad essere largamente usato nella cucina rinascimentale, il paese si ampliò verso la piana. Nel 1529 gli spagnoli smembrarono il Comitatus aquilano, iniziando così la feudalizzazione del territorio. Navelli fu concessa ai Caracciolo di Napoli che edificarono il Palazzo Baronale sulle rovine dell’antico castello, al centro dell’abitato. Il paese passò poi in seguito ai Gregori di Collepietro e ai Conti dei Marsi.
Nel 1656 Navelli subì una gravissima epidemia di peste che uccise 800 persone su un totale di circa mille abitanti e Pochi anni più tardi, nel 1703, patì nuovi danni dal terremoto dell’Aquila.
Con l’unità d’Italia il comune fu ricompreso nella provincia dell’Aquila ed arrivò ad includere anche il vicino centro di Civitaretenga. Nel dopoguerra infine, con l’abbandono della pastorizia e della transumanza, in mancanza di una parallela industrializzazione dell’altopiano, si verificò un progressivo e costante spopolamento della vallata che ha portato, in breve tempo, alla decimazione dei residenti.