Capestrano
Capestrano è un comune italiano di 839 abitanti situato nella provincia dell’Aquila, in Abruzzo. Situato nel margine sud-occidentale della valle del Tirino, un vasto piano di origine carsica compreso tra l’altopiano di Navelli e le estreme propaggini sud-orientali del massiccio del Gran Sasso d’Italia, parte del suo territorio comunale rientra nel territorio del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Centro agricolo e pastorale di antica origine e discreta importanza, in età moderna fu dominato delle famiglie Piccolomini Todeschini, Medici e Borbone divenendo sede di un marchesato e, successivamente, di un principato. Capestrano è situato nella parte orientale della provincia dell’Aquila, in posizione baricentrica tra l’altopiano di Navelli e la valle del Tirino al centro della Regione Abruzzo. L’abitato principale si sviluppa sul versante orientale di un colle, a 465 metri s.l.m. in posizione dominante sulla vallata sottostante che è attraversata dal fiume Tirino, affluente dell’Aterno-Pescara e a sua volta alimentato da tre sorgenti. All’interno del suo territorio è situato il valico di Forca di Penne, antico collegamento con l’area dei vestini adriatici.
Alcune fonti ritengono che il toponimo derivi da Caput trium amnium (‘città a capo delle tre fonti’), in riferimento alle sorgenti che alimentano il Tirino.
Le prime testimonianze nel territorio si fanno risalire ai Vestini che si stanziarono nella valle del Tirino sin dal IX secolo a.C. In questo periodo, sul colle Sant’Antonio a valle dell’attuale abitato, nacque l’antica città di Aufinum che prosperò grazie alla sua strategica posizione lungo il tracciato della via Claudia Nova e in corrispondenza dell’accesso ai territori dei Peltuinui e dei Peligni.
Di Aufinum – menzionata da Plinio il Vecchio come centro principale dei vestini cismontani – rimane oggi la vasta area archeologica con la necropoli in cui, nel 1934, fu rinvenuta il celebre Guerriero di Capestrano, simbolo dell’Abruzzo e oggi conservato al Museo archeologico nazionale d’Abruzzo a Chieti. Secondo gli storici, la statua raffigurerebbe il misterioso re vestino Nevio Pompuledio, vissuto nel VI secolo a.C. Tale città fu conquistata dai romani intorno al III secolo a.C. e continuò a svilupparsi per tutta l’età imperiale, andando poi in disgrazia nei secoli successivi alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, con la popolazione che si disperse sulle alture circostanti la vallata.
A partire dal VI secolo d.C. il territorio cadde nelle mani dei longobardi che lo ricompresero nel Ducato di Spoleto. Nell’VIII secolo re Desiderio vi fece costruire l’abbazia di San Pietro ad Oratorium, direttamente dipendente dai benedettini di San Vincenzo al Volturno, poi ricostruita in stile romanico intorno all’anno 1100. Alle dipendenze dell’abbazia vi erano i tre centri di Capodacqua, San Pelagia e Presciano che ben presto decisero di arroccarsi sul colle sopra quest’ultimo, dando origine all’attuale abitato di Capestrano. Durante l’età normanna la città beneficiò della stabilità politica, sviluppandosi grazie all’indotto economico legato alla transumanza e al commercio dello zafferano. Già feudo di Matteo di Raiano nel primo periodo angioino, passò insieme all’intera valle del Tirino agli Acquaviva nel 1283, quando Riccardo d’Acquaviva – fratello di Berardo e nuovo signore di Capestrano, Ofena e Castel del Monte – subentrò a Berardo di Raiano. Nel 1318 il feudo tornò nelle mani dei Conti dei Marsi, che lo controllavano già nel X secolo, e nel 1382 il suo territorio fu unito a quello della vicina baronia di Carapelle. Alla metà del XV secolo, intorno alla preesistente torre trecentesca di guardia sulla valle del Tirino, Lionello Accrocciamuro fece costruire un grande castello. Con il passaggio di Capestrano nelle mani di Antonio Piccolomini d’Aragona, nipote di papa Pio II e nuovo conte di Celano, il forte fu rinnovato e prese il nome di castello Piccolomini, costituendo una strategica roccaforte durante la congiura dei baroni e difendendo la città dal tentativo di riconquista degli Accrocciamuro. Sotto la dominazione dei Piccolomini Capestrano ebbe un primo momento di grande splendore e nel XVI secolo arrivò a generare oltre un quinto della rendita di tutta la contea. La sua vivace economia, dominata dal già citato zafferano e dalla produzione della pregiata lana carfagna, attirò in Abruzzo imprenditori provenienti da tutta Europa. Nel 1579 Costanza Piccolomini, indebitatasi per la costruzione della basilica di Sant’Andrea della Valle a Roma, decise di cedere l’intero marchesato di Capestrano al granduca di Toscana Francesco I della famiglia Medici. Nel 1584, su richiesta dei Medici, Filippo II di Spagna lo elevò al rango di Principato. Successivamente il feudo di Capestrano, unito alla baronia di Carapelle, fu annesso ai territori di Bussi (1599), Amatrice, Accumoli e Cittareale (1639-1643) costituendo gli Stati medicei d’Abruzzo. Capestrano visse così una seconda età d’oro, godendo di un discreto potere – sia politico che religioso, con San Pietro che beneficiava di una particolare autonomia rispetto alla diocesi di Sulmona-Valva – ed accrescendosi grazie all’immigrazione di nuove famiglie dalla Toscana. I Medici regnarono su Capestrano sino alla morte della principessa Anna Maria Luisa de’ Medici. Per evitare che il feudo cadesse nelle mani degli Asburgo, ed essendosi estinto il casato fiorentino per la mancanza di eredi maschi, i Borbone decisero di trasformare il principato in uno stato allodiale posto sotto il dominio diretto del Regno di Napoli. Nel 1806, con l’eversione della feudalità, lo stato fu smantellato per essere ricompreso come circondario nel distretto dell’Aquila.
Con l’unità d’Italia il comune fu ricompreso nella provincia dell’Aquila che, nel 1927, perse i vicini comuni di Bussi sul Tirino e Popoli Terme – passati alla costituenda provincia di Pescara – rompendo l’unità amministrativa della valle del Tirino. A partire dagli anni Trenta, inoltre, cominciarono gli scavi archeologici che portarono alla luce la necropoli e numerosi importanti reperti d’età romana.
Nel dopoguerra, con l’abbandono della pastorizia e della transumanza, si verificò un progressivo e costante spopolamento di tutta la vallata che ha portato, in breve tempo, al dimezzamento dei residenti.